domenica 9 febbraio 2020

Luna ed il dono della luna

Anche quella sera si sentiva inquieta. Irrazionalmente, ogni qualvolta l'esile falce
lunare diveniva un disco pieno e luminoso, qualsiasi cellula del suo corpo entrava in
una sorta di agitazione. Tutto, dalla punta dei suoi neri e lucenti capelli fino
all'estremità dei suoi piedi fremeva e veniva scosso da brividi inspiegabili.
Non era sempre stato così per Luna. Per quel poco che poteva ricordare la sua era
stata un'infanzia normalissima. Tormentata, sfortunata ed un poco tragica, forse, ma
senza nessuna arcana stranezza. Era nata una notte di luna piena, nella calda ed
accogliente stanzetta di una capanna isolata tra i boschi. Sua madre era scomparsa
prematuramente dopo averla stretta tra le sue braccia ed averla chiamata Luna, in
onore di quel cerchio sfavillante che aveva illuminato il travaglio e l'aveva benedetta
con la nascita di quella meravigliosa bambina. Nessuno le aveva mai saputo
raccontare cosa fosse realmente accaduto quella notte, probabilmente perché nessuno
lo sapeva davvero. Suo padre, un lavoratore instancabile, si era chiuso nel proprio
dolore, ma non aveva fatto sentire la sua assenza alla piccola. L'aveva accudita ed
amata consentendole di crescere serenamente. Luna trascorreva le sue giornate
correndo tra gli alberi, parlando con gli animali e in compagnia degli altri bambini
che come lei vivevano nelle piccole baite boschive.
La prima volta che un raggio lunare attraversò come una scossa ogni angolo del
suo corpo era il giorno del suo sedicesimo compleanno. Il brivido, profondo, era
passato quasi impercettibilmente, sepolto dalle numerose emozioni che sempre le
laceravano il cuore in occasione dell'anniversario. Come poteva essere davvero felice
se sentiva dentro di se' la colpa di essere la causa della morte di sua madre? Chi mai
poteva amare una portatrice di sciagure? Come riusciva suo padre a guardarla senza
rancore dopo che lei gli aveva portato via la donna che amava? Assorta nei suoi mesti
interrogativi non aveva avvertito lo strano fremito che aveva attraversato il suo corpo,
a differenza di suo padre, che, in adorazione della figlia, si era precipitato accanto a
lei preoccupato per quello strano tremolio che l'aveva colta all'improvviso.
"Luna, tutto bene? Hai la febbre?" le chiese con tono apprensivo.
La ragazza lo guardò stralunata. "Papà, cosa ti prende? Sto benissimo, come ti
viene in mente che io possa avere la febbre?"
"Hai appena tremato tutta, come se fossi colta da brividi di freddo."
"Papà, sei sicuro tu di stare bene?" replicò lei.
" Luna, davvero, non farmi preoccupare. Hai cominciato a fremere mentre eri
assorta nei tuoi pensieri; un sussulto ben visibile. Non riesco davvero a capire come
tu non lo possa aver sentito. Non mentirmi, figliola, se qualcosa non va dimmelo.
Sicura che non devo chiamare il dottor Prinzio?" Continuò il padre, guardando Luna
con una tenerezza infinita.
"Oh papà, non ti direi mai una bugia. Sto benissimo, nessun dottore" rispose lei
ricambiando il paterno sguardo. Quella sera la ragazza andò a dormire serena, ignara
di quello che le stava accadendo.
Il secondo brivido non passò però in sordina, così come le successive
manifestazioni misteriose di quel tremore. La sensazione di inquietudine ormai
cominciava ad assalirla non appena la luna diventava tonda e luminosa. Anche quella
sera, appunto, la ragazza si trovava nella sua camera, in attesa di quel sussulto che
riempiva la sua testa di domande, quando una civetta si posò sul davanzale della
finestra e la fissò. Fu allora che sentì la familiare scossa attraversarla nel profondo,
scuotendola però energicamente, con una forza mai percepita fino ad allora ed ebbe
paura. Nel goffo tentativo di liberarsi da quel tremore, che l'aveva spaventata, cadde
rovinosamente dal letto. Fu in quel momento che si accorse della piccola pergamena
trattenuta tra le zampe dal candido rapace. Un piccolo foglio ben arrotolato, chiuso
con un sigillo. La ragazza timidamente si risollevò dal pavimento, allungò la mano
verso il volatile che non aveva mai spostato il suo sguardo dai suoi occhi ed attese in
silenzio, mentre la sua testa cercava di elaborare il più velocemente possibile una
teoria plausibile per spiegarsi cosa le stesse accadendo. Di sicuro aveva avuto un
brutto incubo ed era ancora assorta in una specie di sogno dentro un altro sogno. Non
c'era altra spiegazione.
La civetta fece un piccolo volo tra le pareti della capanna, poi posò sulla mano di
Luna la missiva e con due battiti d'ali riprese la strada del bosco, alla ricerca di
qualche piccolo roditore con cui sfamarsi .
No, non stava dormendo, ormai ne era certa. Con il cuore che accelerava per la
paura e lo stupore, Luna srotolò il dono appena ricevuto. Iniziò a leggere e gli occhi
si riempirono immediatamente di lacrime. “Piccola mia, se stai leggendo queste parole significa che la vita non è stata molto
dolce con noi due. Mi auguro tu abbia avuto comunque un'infanzia felice e che tu sia
amata, come lo sono stata io nel corso della mia breve esistenza. Quando ancora tu
sguazzavi come un piccolo pesciolino nel mio grembo, ho affidato queste righe alla
saggia Civetta perché tu potessi, superati i tuoi sedici anni, decidere se accogliere il
dono della luna o rifiutarlo. Mi rendo conto di essere piombata come un fulmine a
ciel sereno nella tua vita ed hai tutto il diritto di essere arrabbiata e sconvolta. Ma ci
sono alcune cose che devi sapere. Probabilmente tuo padre per proteggerti non ti ha
mai raccontato la tua vera storia, ma non essere in collera con lui.
Quando scoprii di essere una strega avevo più o meno l'età che tu hai oggi. Me ne
accorsi una notte di luna piena. Un raggio mi attraversò il corpo e da quel giorno
non fui più la stessa. Presto mi resi conto di riuscire a leggere nel cuore della gente.
Se qualcuno si faceva male, mi era sufficiente appoggiare il palmo della mano sulla
ferita e quella si rimarginava. Avevo visioni e facevo sogni premonitori. All'inizio era
bellissimo: mi sentivo utile ed invincibile. Poi mi scontrai con la realtà. Essere una
strega poteva diventare pericoloso. Tanti mi volevano morta, avevano paura solo a
salutarmi. Qualcuno diede fuoco alla mia capanna .
Fu allora che conobbi tuo padre. Era uno dei ragazzi accorsi in mio aiuto per
spegnere l'incendio. Mi innamorai all'istante dei suoi occhi di cielo. Potevo leggere il
suo cuore. Mai nella vita avevo incontrato una persona tanto buona. Anche lui
ricambiò subito il mio interesse e dopo sei mesi ci sposammo. Gli rivelai fin
dall'inizio la mia natura arcana e fu il mio sostegno anche quando tutti mi
allontanavano e mi evitavano.
Ma il giorno in cui scoprimmo di aspettare te mi fece promettere che mai e poi mai
ti avrei tramandato il dono della luna. Lo amavo moltissimo, ma non potevo impedire
alla magia di scegliere chi voleva come sua ancella. Per questo prima di vedere la
luce lunare brillare nei tuoi occhi ti scrissi questa lettera. Volevo che tu sapessi che quello che ti sta accadendo non è una maledizione. Ma sta a te decidere se accogliere
questo regalo.
Ora che sai chi sei e da dove provieni puoi percorrere questo cammino. Bimba
mia, non aver paura dei tuoi poteri: se li saprai governare con saggezza saranno una
benedizione per te e tutti coloro che incontrerai. Ora vai senza paura a cercare la
civetta, lei ti indicherà la strada”.
Luna arrotolò la lettera, la mise nella piccola botola che aveva sotto al letto insieme
al dipinto di sua madre ritratta mentre rideva spensierata e col palmo della mano si
asciugò le lacrime che non avevano smesso per un solo istante di bagnarle
copiosamente le guance.
Lentamente aprì la porta che dava sul retro della casa, cercando di non svegliare
suo padre che, in silenzio, rannicchiato nel suo giaciglio accanto alla stufa a legna,
aveva sentito i singhiozzi della figlia ed aveva compreso. In nome del grande amore
che ancora lo legava a sua madre, non fece nulla per impedirle di uscire di casa alla
ricerca della sua identità. Si rigirò senza fare rumore e nel segreto del suo cuore
benedisse il cammino di Luna, sperando di rivederla presto.
La ragazza appoggiò il piede destro, lento, insicuro, spaventato. Trascinò il sinistro
nella terra polverosa, spaurito, traballante mentre cercava un segnale, un piccolo
indizio che le rivelasse la direzione giusta da prendere. Il cuore sussultava ad ogni
passo ma sentiva in se' la grande forza dell'amore che la proteggeva. Avrebbe
abbracciato la vera se stessa che aspettava pazientemente di essere trovata . Con quel
poco di ardimento che aveva fatto capolino in lei, scomparve nella vegetazione
oscura. Le sembrava di percepire in lontananza echi di voci, animali solitari, tamburi
primordiali. Andò nella loro direzione.
Non sapeva dove quel sentiero l'avrebbe condotta, ma sentiva il suo cuore battere
all'unisono con quei richiami.
Ad ogni palpito la paura diminuiva ed il coraggio si faceva strada.
Un sorriso le illuminò lo sguardo mentre la luna, ormai stanca, andava a dormire.