venerdì 24 agosto 2018

2370 chilometri Umbria e ritorno: giorno 6




Questa mattina ci svegliamo belli riposati, pronti a visitare Gubbio.
attraverso il bosco
( caricamento da cellulare) 
Dopo la colazione, saliamo le scale per arrivare alla moto e ci imbattiamo in Patrizia, proprietaria dell'agriturismo. E' sempre piacevole fermarci a  chiacchierare con lei: in questi giorni ci ha rivelato molto del suo lavoro, della bellezza e della fatica di gestire, con la madre,  un' azienda agricola con agriturismo, avendo anche tre figli piccoli. Le raccontiamo un po' della nostra vacanza, soprattutto di quanto amiamo scollinare con la moto, ammirando le bellezze naturali di questa terra. Michi le spiega la strada che intende percorrere oggi per raggiungere la nostra meta. A quel punto Patrizia ci chiede il permesso di suggerirci una via alternativa. Io non provo nemmeno a capire la strada che ci sta indicando, forte della certezza che l'esperto centauro qui accanto a me, ha afferrato al volo le informazioni.
Usciamo dal cancello e prendiamo una strada che non abbiamo ancora percorso fin'ora. Siamo in una zona boschiva e sento ovunque il profumo della vegetazione. Amo l'odore del muschio, della terra umida intrisa di foglie secche. Mi lascio pervadere da questo effluvio di piante, mentre sento che il profumo dal naso cerca di scendere al cuore e salire ai ricordi. Non forzo questo processo, mi godo solo il momento ammirando la natura che ci circonda. Ad un tratto ecco una bellissima fontana in pietra; ci fermiamo a riempire la nostra borraccia, che ci sta accompagnando in queste calde giornate. L'acqua è limpida e fresca; beviamo e facciamo il pieno  per il viaggio. Rimontiamo in sella e via di nuovo attraverso questo paesaggio un po' silvestre e un po' contadino. Ad un tratto ecco delle more lungo la strada; chiedo a Michele di fermare la moto e scendo a prenderne qualcuna. L'ultima volta che ho raccolto delle more risale a più di 30 anni fa. Mio padre era ancora vivo, ed un giorno andammo in un bosco facendo razzia di questi piccoli frutti. Ne raccogliemmo moltissime e mia madre quell'anno preparò vasetti di marmellata sufficiente a sfamare un paese intero. Se chiudo gli occhi, riesco ancora a percepire quel profumo e mi pare di sentire la loro dolcezza invadermi il palato.
Il nostro bottino
Moltissimi studi scientifici parlano del rapporto che intercorre tra gusto ed olfatto ed i ricordi del passato.  Così come sono moltissimi i poeti e gli scrittori che ci parlano dei ricordi legati ad un profumo. Primo tra tutti, Michel Proust che nel suo celebre testo "Alla ricerca del tempo perduto " ad un certo punto parla proprio dei ricordi legati ai sapori ed agli odori. Quando assaggia  “quei dolci corti e paffuti, chiamati Petites Madeleines, che sembrano modellati nella valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo",intinti nel the, prova un piacere delizioso di cui ignora però la natura. Si interroga, allora, su come sia possibile che un semplice dolcetto possa portare a percepire come indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, allo stesso modo in cui agisce l’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio questa essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Non riesce a comprendere il motivo di questa sensazione di gioia che lo invade, tenta di allontanare il pensiero, teso però a rincorrere quel ricordo che gli sfugge ed ecco allora che il ricordo si rivela Quel sapore era lo stesso del pezzetto di madeleine che, la domenica mattina, a Combray […], quando andavo a darle il buongiorno nella sua camera, la zia Léonie mi offriva, dopo averlo immerso nel suo infuso di tè o di tiglio“.

Ci sono solo tre profumi in grado di evocare prepotentemente il ricordo di mio padre: l'essenza del bosco, il tiglio e le more. Ed oggi, senza che io lo cerchi, mentre la moto ci porta a Gubbio e   sono sola coi miei pensieri, lui riappare col suo sorriso, la sua voce profonda ed il suo sguardo severo. 

GUBBIO
scorcio di Gubbio by me


Non so per quale ragione immaginavo Gubbio come un piccolo paesino arroccato su un colle, popolato solo da capre e pastori. Rimango pertanto colpita dalla bellezza   di questo borgo, realmente appollaiato sul Monte Ingino, ma per nulla abitato da ovini. Entro subito in empatia con questa cittadina che mi trasmette immediatamente pace e calore. Scopro solo più tardi, mentre sfogliamo   i nostri manuali turistici, che Gubbio, secondo tradizione, è definita la "città dei matti", non  nel senso psichiatrico del termine, fortunatamente. Matto è colui che sogna, un inguaribile idealista, colui che vive lasciandosi permeare dalla passione. Credo molto al detto "chi si somiglia, si piglia" e suppongo abbia origine qui la mia naturale simpatia per questa cittadella.
Mentre Michele si concentra sulla parte artistica e architettonica, la mia mente  è focalizzata solo su un obiettivo: oggi voglio prendere la patente da matto!
Si tratta di un documento ufficiale eugubino, la cui origine risale al 1880.  Secondo un manoscritto in cui viene menzionata questa patente, coloro che riuscivano a dimostrare di aver partecipato per tre volte consecutive alla Festa dei Ceri ricevevano un'onorificenza ufficiale dalla città di Gubbio. Negli anni, questa tradizione è mutata: chi vuol ricevere la patente da matto deve fare tre giri attorno alla fontana del Bargello posta in una delle piazze principali del borgo. La vera ed originale usanza, prevede che sia un abitante di Gubbio a versare per il matto una somma di denaro direttamente ad una associazione che rilascerà l'autentico documento, dopo che questi ha compiuto il rito dei tre giri lasciandosi battezzare. Molti testi, oggi, invitano a percorrere per tre volte la circonferenza  della fontana e imitare  il gesto di battezzarsi con l'acqua.
Passo quindi la giornata alla ricerca della piazza, mentre diligentemente partecipo alla visita di alcuni monumenti interessanti di questo borgo.
foto da internet
Ci sediamo un poco sui gradini della Piazza Grande, consultando la guida Touring. Decidiamo però di non visitare l'interno dei palazzi, per continuare la nostra collezione di Chiese e Cattedrali. Credo di aver visto più chiese in questo viaggio che nel resto della mia vita.
Lasciamo la piazza e ci incamminiamo per le strade di Gubbio alla ricerca di qualche insospettabile gioiello. Troviamo questa piccola chicca: la chiesa di San Giovanni Battista
http://www.gubbio.name/chiese_san_giovanni_it.html

Ci spostiamo poi verso il Duomo di cui vi lascio i riferimenti e la storia :

http://www.comune.gubbio.pg.it/turismo/duomo
http://www.gubbio.name/cattedrale_it.html

Michele
All'ora di pranzo scorgiamo un carinissimo chiosco sito su una terrazza panoramica defilata dal centro. Ci sono pochi tavoli ed al momento tutti occupati, ma attendiamo volentieri il nostro turno, scattando qualche foto panoramica. Se nella vostra permanenza a Gubbio cercate un  posto senza grandi pretese culinarie, ma ottimo per la vista panoramica dove poter stuzzicare qualcosa senza spendere un capitale, ecco il posto che fa per voi:



Riprendiamo la nostra passeggiata tra le vie eugubine ed ecco finalmente la fontana del Bargello. Mi appresto con molta timidezza ad iniziare il rito per diventare ufficialmente matta. Il pensiero che non mi conosce nessuno mi da' coraggio e inizio a girare attorno alla fontana. E' una cosa stupida, lo so, ma per me è un passo verso la libertà...libertà dai giudizi degli altri, di quello che può pensare la gente. Ma soprattutto libertà dalle mie catene personali. Non so se sono in grado di spiegare quello che mi accade, ma voglio provarci. A volte, in realtà quasi sempre, mi sento come un uccellino in gabbia che non riesce a volare. La gabbia però non è esterna: sono le ali stesse del volatile che si incatenano da sole. Avete mai provato a trovarvi in una sala con tanta musica, chiudere gli occhi, sentire il vostro cuore che danza, immaginare nella vostra testa tutti i passi di quella coreografia, ma non riuscire a muovere un muscolo perché pesa troppo? Questo mi accade in molte situazioni...sento il mio corpo pesante come il piombo e questo mi impedisce di essere leggiadra, agile, disinvolta. Dentro, il fuoco arde, ma fuori sono immobilizzata da una zavorra che esiste solo nella mia testa. 
Per questo il mio girare attorno ad una fontana, mentre altri turisti passano e guardano incuriositi, è un gesto terapeutico. Nel frattempo Michele mi scatta qualche fotografia che documenta il rito e mi battezzo "Matta per sempre", augurando a me stessa che la libertà di vivere le mie passioni ed i miei sogni non mi abbandoni mai.
Rito della patente del matto by Michele



la briscola in piazza by Michele
Ad un tratto, mentre ci allontaniamo dalla fontana, ci imbattiamo in una simpatica scena di vita paesana. Un gruppo di eugubini sta giocando a briscola vicino ai gradini di una chiesa. E' bello vedere come la piazza sia vissuta come luogo di incontro, di svago, di relazione. Non è solo il bar adibito a questo scopo, ma come nel passato è proprio  l'agorà il centro di tutte le attività della polis umbra.



briscola by Michele


teatro romano by me
La matta ed il saggio si avviano ora verso il Teatro romano, i cui resti ben conservati lo rendono ancora oggi la cornice perfetta per spettacoli teatrali durante la stagione estiva. Qualche foto di rito e prendiamo la moto per tornare ad Assisi. Questa sera ci aspetta lo spettacolo del tramonto dalla Rocca. 
Michele e l'albero by me

Ci accorgiamo che manca ancora la Chiesa di Sant'Ubaldo da aggiungere alla nostra collezione. Prima di rientrare saliamo su per  il Monte Igino alla volta di questa basilica :


http://turismoagubbio.blogspot.com/2017/08/basilica-di-santubaldo.html


La via del ritorno è incastonata nelle colline umbre. Il paesaggio mi riempie, come sempre, il cuore di stupore e meraviglia e cerco di lasciarmi cullare dal vento che mi accarezza il viso.

Ad un certo punto a pochi chilometri da Assisi, lungo una strada quasi deserta ci inoltriamo in un borghetto che sembra quasi disabitato. All'improvviso un piccolo negozio di alimentari, una sedia fuori dalla porta dove una signora anziana riposa forse in attesa di qualche cliente. Michele ferma la moto, scendiamo ed entriamo nella piccola bottega. Si intuisce subito che passano pochi turisti da quelle parti. Lo sguardo della donna è curioso e felice. Michele, con la sua affabilità, inizia a scambiare qualche parola conquistando la fiducia della donna che inizia a raccontarci la sua vita tra le colline. Tra una parola e l'altra ordiniamo del pane cotto nel forno a legna dell'unico panettiere di quella zona, un po' di prosciutto crudo di Norcia e del pecorino stagionato. Salutiamo la vecchia signora e ripartiamo alla volta del nostro tramonto, arricchiti da questa romantica esperienza con la nonnina. Questo è quello che probabilmente sarebbe successo se alla domanda di Michele: "Ci fermiamo qui a prendere il pane?", io avessi risposto con entusiasmo, invece di borbottare qualcosa tipo: " vedi tu, ma  al supermercato ci costa meno". Nei nostri memoriali questa cena verrà eternamente ricordata come la poco poetica spesa fatta nel supermercato Tigre di Assisi.
La cena del Tigre 
Non ci facciamo però rovinare la serata da questo piccolo intoppo, e raggiungiamo la Rocca in tempo per gustarci il tramonto. Non ci sono tante persone, e riusciamo a sederci su una panchina dove gustiamo il nostro lauto pasto, in attesa che il sole scenda. Il panorama è bellissimo, l'atmosfera quieta e rassicurante. Il sole comincia la sua discesa colorando il cielo di tante sfumature rosse. Una coppia di francesi è in piedi su una panchina.  Lui ha in mano una macchina fotografica, impegnato a fermare la bellezza di questo momento. Lei, sguardo perso nell'orizzonte, canta una nenia. La ascolto cercando di comprendere le parole di quella canzone. Afferro pochi vocaboli, ma sembrerebbe una sorte di lode a Dio per la Creazione. Poco più avanti, seduta sull'erba, una ragazza guarda assorta il panorama. Rimane ferma a guardare il cielo senza rendersi conto del tempo che passa. Non si alza, non si muove, non inizia a camminare avanti indietro...è li, immobile, immersa nella pace di quel momento. A contrastare questa scena, poco distante, un ragazzo, che capiamo essere li ad accompagnare quella fanciulla, è seduto con lo sguardo immobilizzato sullo schermo di un telefonino. Non ha alzato mai gli occhi verso il sole ed il cielo, rapito da quella luce effimera che tiene stretta tra le mani. Quando scendiamo verso la moto, lei è ancora seduta a fissare il firmamento, lui perso nel suo cellulare.


tramonto dalla Rocca by me
panorama notturno by Michele

Potrebbe essere questo il momento perfetto che chiude questa bella giornata e invece il nostro arrivo in agriturismo ci riserva una piacevole sorpresa. Ad attenderci c'è lo zio di Patrizia con in mano un profumatissimo tartufo. E' bella la chiacchierata che nasce con lui: con gli occhi pieni di entusiasmo ci racconta di come lo abbia scovato il cagnolino da tartufi che sta addestrando. La sua genuinità e semplicità mi contagiano. Questo ometto sulla settantina mi trasmette una voglia di vivere incredibile. Ci parla delle raccolte dei pomodori, del lavoro duro nei campi, dei legami che stringe con la gente del posto grazie al suo lavoro. E' bello sentirlo parlare con questo amore e gratitudine per la vita. Staremmo ore con lui a chiacchierare, ma la stanchezza della giornata si fa sentire e con essa anche il bisogno di una doccia ristoratrice, e così ci congediamo grati  e felici di questa bella giornata.

P.s. Mi sento persa... ho terminato il mio libro...Emiliaaaa mi manchi !!! In realtà vorrei tantissimo dire una cosa riguardo a questo libro, ma se poi faccio spoiler? 

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